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DA GENNAIO NUOVA DISCIPLINA IVA PER E-COMMERCE

Eventi ed iniziative
Una piccola grande rivoluzione per il commercio elettronico andrà in scena nell'Unione Europea a partire dal 1° gennaio 2015: l'imposta sul valore aggiunto, meglio conosciuta come IVA, non sarà più calcolata in base al regime fiscale in vigore nel paese in cui si trova il venditore, ma su quello dell'acquirente.

In parole povere, se un'azienda con sede in Francia venderà un'app, un e-book o una traccia musicale in Italia dovrà pagare l'IVA non più col valore della francese Taxe sur la Valeur Ajoutée (20%) ma con quello in vigore nel nostro paese, ossia il 22%. Il che è esattamente ciò che accade quando viene acquistato un prodotto fisico.

In questo caso specifico la differenza può apparire minima, ma bisogna in primo luogo considerare che se ci si trova in presenza di un numero elevato di compravendite le cifre in questione sarebbero particolarmente alte. Inoltre, la forbice che separa il valore dell'IVA nei vari stati UE è in alcuni casi decisamente elevata: si va dal 25% della PDV croata o della Moms svedese al 12% praticato con la TVA in Belgio. Complessivamente si tratta di 75 diversi regimi in 28 mercati.

La nuova normativa è stata congegnata per rendere impossibili (o quantomeno più difficili) le acrobazie fiscali dei colossi dell'e-commerce come Amazon o Google.

Se questo passaggio sembra complicato è perché in effetti lo è. Se da una parte l'indirizzo IP dell'acquirente si può ottenere facilmente, dall'altra ottenere la seconda prova richiesta dalla normativa è molto complesso: ottenere copia di un documento, o di un'utenza domestica, o di un estratto conto bancario implica una procedura di autenticazione lunga ed articolata che, secondo chi si oppone a questa normativa europea, rischia addirittura di scoraggiare all'acquisto. E a questo aggiungiamo che i venditori saranno obbligati a conservare le suddette "prove non contraddittorie" per almeno 10 anni.

In effetti per le piccole imprese esiste una possibilità di semplificazione: si tratta del Moss (Mini-One-Stop-Shop), un sistema al quale hanno aderito vari paesi europei, compresa l'Italia. Anche se si vende in uno stato diverso dal proprio, tramite il Moss sarà possibile versare l'IVA nel proprio paese, e questa verrà in seguito girata alle autorità del paese dell'acquirente. Fermo restando gli altri obblighi (incluso quello della "doppia prova non contraddittoria"), questo eviterà quantomeno di doversi registrare negli altri paesi UE nei quali si opera.

 




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